Onorevoli Colleghi! - Su tutto il territorio nazionale vengono quotidianamente sperperate somme ingenti a causa dell'errata progettazione, realizzazione e utilizzazione della maggioranza degli impianti di illuminazione esterna, sia pubblica che privata.
      Dati forniti dalla International Dark-Sky Association (il massimo organismo mondiale di studio sul fenomeno dell'inquinamento luminoso, operante a Tucson in Arizona) e confermati, in ordine al nostro Paese, dalla Commissione italiana di studio su questo problema, esistente presso l'osservatorio astronomico di Campo Catino per conto della Società astronomica italiana, dimostrano che il 30 per cento dell'energia elettrica impiegata per il funzionamento degli indicati impianti viene utilizzato erroneamente, e quindi sprecato, per illuminare il cielo.
      Tutto ciò con grave danno per le attività di ricerca astronomica svolte dagli osservatori e in dispregio delle norme dello Stato, oltre che del buon senso, che prevedono e impongono l'adozione di criteri e di mezzi volti a ridurre il consumo energetico.
      Tali dati quantificano in circa 150-200 milioni di euro la somma che ogni anno il nostro Paese potrebbe risparmiare se venisse adottata una seria politica di consumi intelligenti, in ordine all'illuminazione esterna pubblica e privata, articolata sui seguenti punti principali:

          1) utilizzazione di lampioni con ottiche non disperdenti luce lateralmente e in alto o, comunque, schermati;

          2) adozione di dispositivi in grado di ridurre il flusso di potenza, o il numero di

 

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punti luce funzionanti, durante le ore centrali della notte;

          3) impiego di lampade ad alta efficienza come quelle al sodio ad alta e bassa pressione;

          4) divieto di orientare sorgenti di luce verso l'alto o in modo errato, al di fuori dei casi e degli scopi in cui ciò sia realmente necessario e comunque sempre secondo determinate prescrizioni;

          5) adozione di lampade con potenza adeguata, anche in ordine al numero delle stesse, alle esigenze reali cui sono destinate e non sovradimensionate, come purtroppo capita troppo spesso.

      La XII legislatura aveva consentito l'approvazione della legge quadro sull'inquinamento acustico (legge 26 ottobre 1995, n. 447). La XIII legislatura aveva visto l'approvazione della legge sull'inquinamento elettromagnetico (legge 22 febbraio 2001, n. 36). La XIV legislatura ha discusso a lungo le possibili norme di prevenzione e di riduzione dell'inquinamento luminoso.
      L'illuminazione eccessiva, «sprecona» e aggressiva delle città del mondo industrializzato, nei centri come nelle periferie, ha «oscurato» la visione della volta stellata. L'uso, pubblico e privato, di lampadine molto economiche come quella al mercurio da 175 watt, che restano accese undici ore per notte, produce raggi luminosi con un angolo di incidenza superiore ai 90 gradi (che quindi si disperdono nel cielo) e crea un effetto di «plattering» («spandimento») luminoso e di abbaglio. Lo spreco economico è enorme.
      Questo avviene in parte per motivi economici, cioè per le pressioni dei fabbricanti di luci e di lampadine al mercurio. Ma in parte anche per ignoranza, inerzia e per la più diffusa forma di isteria contemporanea: quella da paura della criminalità. Più luce uguale più sicurezza, si pensa. Non c'è nessuna prova, invece, di una correlazione tra l'inondazione di luce e la diminuzione della criminalità, la maggior parte dei delitti, infatti, avviene durante il giorno o all'interno di edifici. Un eccesso di illuminazione violenta vuol dire un aumento delle zone di ombra.
      La vera tragedia dell'inquinamento luminoso riguarda i professionisti dell'astronomia e le migliaia di astronomi dilettanti, costretti a ore di automobile per poter osservare senza problemi il cielo notturno.
      La situazione sarebbe reversibile, con un investimento iniziale che pagherebbe nel breve-medio periodo. Con la diffusione dell'uso di luci al sodio a bassa pressione (Lps), a bassa pressione (Hps) o a bassa potenza: tutte luci senza effetti abbaglianti e che impediscono la fuga di luce verso l'alto. Altro consiglio è quello di generalizzare l'uso di luci attivate da sensori a raggi infrarossi, che si accendono solo quando qualcuno è nelle vicinanze, e di privilegiare le luci «morbide», che creano un contrasto minimo tra luce e buio. Tutto questo richiede da parte delle città ordinanze che incentivino o rendano obbligatori sistemi di illuminazione «a basso inquinamento».
      Nella stesura della presente proposta di legge sono stati presi ad esempio anche provvedimenti simili vigenti in altre nazioni.
      Quasi tutte le società già producono lampade, riduttori di potenza, schermi e ottiche; sarà sufficiente renderne obbligatorio l'uso, come accade, ad esempio, in campo automobilistico con le marmitte catalitiche.
      Non è del resto concepibile che lo Stato italiano investa centinaia di milioni di euro nella ricerca astronomica, con l'impiego di notevoli mezzi e uomini di valore, vanificandola poi consentendo l'uso irrazionale, indiscriminato e al di fuori di ogni regolamentazione di quel bene prezioso che è l'energia elettrica.
      Non è da sottovalutare però che, in un certo senso, questo provvedimento, auspicato già da anni, ha modificato l'atteggiamento di molte pubbliche amministrazioni e di grandi produttori riguardo al problema dell'inquinamento luminoso.
      L'applicazione puntuale di quanto indicato nella proposta di legge darà la possibilità alla maggior parte degli osservatori astronomici di riprendere un lavoro

 

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proficuo di ricerca e inoltre contribuirà in misura rilevante a contenere il consumo di energia derivante dall'utilizzazione di impianti di illuminazione esterna, sia pubblica che privata. Tutto ciò senza minimamente influire sulla qualità del servizio e sulla sicurezza delle strade e delle nostre città. Infatti, quello che si propone è l'impiego quanto più razionale, efficiente e mirato, delle sorgenti di luce.
      Altri Paesi del mondo (principalmente gli Stati Uniti d'America), anche per solo rispetto alla ricerca scientifica, hanno provveduto, o sono in procinto di farlo, ad adeguarsi ai criteri indicati: si pensi solo alla metropoli di Los Angeles (con circa 12 milioni di abitanti) che impiegherà quasi trent'anni per sostituire totalmente il proprio parco illuminante al fine di salvaguardare i mitici osservatori di Monte Palomar e Monte Wilson.
      L'articolo 1 indica le finalità della legge e l'articolo 2 reca le definizioni.
      Gli articoli 3, 4, 5 e 6 riguardano principalmente i compiti dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni, tenuto conto che gli ultimi tre enti hanno già, a titoli vari, nella normativa vigente (cosiddetto «Piano energetico nazionale») responsabilità in ordine alla politica di risparmio.
      L'articolo 7 rappresenta il nucleo e la struttura portante della proposta di legge, soprattutto sotto il profilo del risparmio energetico nazionale a media e lunga scadenza.
      L'articolo 8 riguarda le sanzioni.
      Per gli osservatori astronomici ed astrofisici, le associazioni interessate alla salvaguardia dell'ambiente e i parchi, viene prevista, all'articolo 9, una particolare tutela e ai medesimi enti è altresì demandata una importate funzione, quella di monitorare l'inquinamento luminoso.
      Gli articoli 10, 11 e 12 normano in modo più dettagliato le zone di particolare protezione, le sanzioni in caso di inosservanza delle disposizioni di tutela e le possibili deroghe.
      L'articolo 13 prevede norme per l'autorizzazione degli impianti di illuminazione, mentre l'articolo 14 istituisce uno specifico Fondo.
      Il testo qui presentato riprende la proposta di legge dell'onorevole Calzolaio (atto Camera n. 697) della XIV legislatura e il testo unificato emerso nel corso del 2005 dal lavoro delle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive) della Camera dei deputati, un buon punto di partenza per approvare definitivamente la legge nel corso della XV legislatura.
 

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